Già dagli anni '80 Roberto Carminati - pioniere della chirurgia "senza tagli" - crea, sviluppa ed utilizza tecniche conservative e riparative, raggiungendo l'utero e le ovaie attraverso il "naturale" canale vaginale.
Normalmente per questi problemi si interviene con la laparotomia e la laparoscopia. La prima è agevole per il chirurgo, in quanto gli permette di lavorare in uno spazio ampio e aperto, però è anche la più invasiva perché prevede un'incisione piuttosto estesa sull'addome. La seconda, meno traumatica per la donna, si esegue inserendo nell'addome una sonda a fibre ottiche collegata ad uno schermo, dove il chirurgo può visionare l'area da trattare. le incisioni sono numerose, ma piuttosto piccole (pari a un foro di -15 mm di diametro). La visibilità del chirurgo della zona d'intervento è comunque molto buona, ma non sempre è opportuno ricorrere a questa metodica, visto che il suo utilizzo riduce la possibilità di ricostruire le parti da cui sono stati asportati i fibromi o le cisti.
torna suQuesto termine indica la necessità di provocare un trauma al corpo da operare.
Tutti gli interventi chirurgici sono di per sé invasivi: quello che può variare è il grado di trauma che possono provocare.
Questo dipende soprattutto da tre variabili:
tradizionalmente si sfrutta la via vaginale per asportare l'utero quando questo è disceso in vagina (prolasso), sia per risostruire le pareti vaginali sia in alcuni casi di incontinenza urinaria.
Con l'arrivo di apparecchi diagnostici sempre più sofisticati, come gli ecografi, è quindi diventato possibile utilizzare la via vaginale anche per interventi riparativi conservativi, sia sull'utero sia sulle ovaie. Queste tecnologie consentono, infatti, di studiare con la massima precisione la sede su cui intervenire e i volumi delle proliferazioni da asportare, permettendo poi di raggiungere la zona da trattare in modo sicuro.
In caso di fibromi, a seconda della loro posizione (sulla parete anteriore dell'utero o su quella posteriore), è necessario fare una piccola incisione (di 4/5 cm) del fondo vaginale, davanti al collo dell'utero (la cervice) o dietro. Inoltre, si deve tagliare anche il peritoneo, la membrana all'interno della quale sono contenuti gli orgnai interni.
Al termine dell'intervento, per ricostruire la parete dell'utero e chiudere le incisioni, si applicano punti di sutura a rapido assorbimento, che non devono essere rimossi dal medico
torna suL'intervento per via vaginale può essere effettuato solo in caso di cisti ovariche benigne. Prima di sceglierlo come tecnica operatoria, quindi, è necessario indagare sulla natura della cisti.
la metodica prevede di intervenire sull'ovaio passando dal fondo vaginale, sotto il collo dell'utero.
Una volta raggiunta la formazione, il chirurgo provvede ad asportarla con strumenti di precisione, senza rimuovere la porzione di ovaio ancora sana. In caso di tumori maligni alle ovaie è d'obbligo, invece, il ricorso alla laparotomia.
Anche se effettuata per via vaginale, questa tecnica di intervento richiede comunque il ricorso all'anestesia generale.
torna suLa chirurgia vaginale tradizionale, usata per esempio per asportare l'utero, si svolge nel canale vaginale, mentre gli interventi di cui si sta parlando si effettuano ina zona posta più in alto detta "scalvo pelvico". Per ciò è stato necessario creare una valva (una sorta di leva chirurgica) con angolatura e lunghezza adeguate, alla cavità in cui si deve intervenire.
La mia équipe ha battezzato questo strumento
"carma"
Può essere utilizzata su tutti i fibromi che non superano i 10cm di diametro e per le cisti ovariche di cui è stata accertata la natura benigna. Può essere impiegata, inoltre, per asportare i tumori all'utero, ma in questi casi è necessario abbianre anche la laparoscopia.
Infine è necessario che il canale vaginale sia sufficientemente ampio da consentire il passaggio della strumentazione impiegata.
Ho iniziato ad utilizzare questa metodica a partire dalla metà degli anni '80; oggi, quindi, l'ho applicata già in molti casi.
In media, ogni anno, nella nostra unità operativa, effettuiamo con questa metodica circa 380-400 operazioni, cioè il 60% degli interventi eseguiti.
Il grande vantaggio sta nel fatto che, pur avendo la massima possibilità di ricostruire gli organi, con la "via naturale" non è necessario incidere l'addome. Inoltre, il decorso post-operatorio è poco doloroso e la ripresa è molto rapida. Infatti, la donna viene dimessa dopo 1/2 giorni.
Lo svantaggio di questa tecnica è che non può essere impiegata per i tumori maligni, nelle donne con con canale vaginale molto stretto e in caso di fibromioltre i 10 cm di diametro.
torna suOgni anno organizziamo nel nostro ospedale un corso rivolto ai ginecologi che desiderano imparare la tecnica, che così si sta diffondendo sempre di più.
La metodica, in futuro, potra essere adottata da tutte le strutture in cui è praticata la chirurgia vaginale tradizionale: in quest'ambito è necessaria una grande esperienza per poter praticare la nuova tecnica.
Oggi la chirurgia conservativa dell'utero e delle ovaie viene effettuata in alcune strutture, tra cui l'ospedale Sacco di Milano, La clinica otetrico-ginecologica di Cagliari e l'unità operativa di ginecologia di Torino